Circa il 50% delle donne sperimenta dolore lombare o pelvico durante la gravidanza. È stato visto che il 25% continua a provare dolore anche dopo 1 anno dal parto.

Il dolore lombare è un dolore o fastidio localizzato tra la 12° costa e la piega glutea. Il dolore pelvico posteriore è un dolore localizzato tra la cresta iliaca posteriore e la piega glutea, in particolare in prossimità delle articolazioni sacroiliache, che può irradiarsi nella parte posteriore della coscia o alla sinfisi pubica.

La causa di questo dolore è multifattoriale. È stato visto che rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di dolore lombo-pelvico in gravidanza una storia di precedente lombalgia e precedenti traumi al bacino. C’è controversia su fattori come: donna pluripara e alti carichi di lavoro. Mentre c’è accordo sul fatto che non rappresentano fattori di rischio l’assunzione della pillola contraccettiva, l’intervallo di tempo da una precedente gravidanza, l’altezza, il peso, il fumo e l’età.

Le linee guida europee per il trattamento del dolore lombo-pelvico nelle donne in gravidanza raccomandano come trattamento di prima scelta l’esercizio, con particolare attenzione ai consigli riguardanti le attività della vita quotidiana e l’evitamento di schemi di movimento disadattativi.

Le evidenze scientifiche mostrano che vari tipi di esercizi prenatale, come yoga, esercizio aerobico, esercizi di rinforzo specifici o generali, o vari tipi di combinazioni, sebbene non riducano il rischio di mal di schiena o dolore pelvico né durante né post-parto, tuttavia sono efficaci nel ridurre l’intensità del dolore prenatale. Nonostante questo dato possa risultare poco confortante, è invece un utilissimo punto di partenza. Il dolore lombo-pelvico in gravidanza ha grossi effetti psicologici ed emotivi, riducendo in maniera importante la partecipazione alla vita quotidiana, infatti spesso impedisce di: stare sedute comode, camminare o stare in piedi per un periodo di tempo prolungato, alzarsi dalla sedia o divano, cambiare posizione; inoltre può creare difficoltà nel girarsi nel letto rendendo l’azione dolorosa. Sebbene l’esercizio non sia in grado di evitarne l’insorgenza, tuttavia aiuta a ridurre l’intensità dei sintomi e questo rappresenta già un risultato importante.

L’esercizio dovrebbe essere considerato come trattamento di prima scelta, dal momento che può essere autogestito anche a domicilio, non è costoso e non necessita di particolari strumenti.

Il programma di esercizi deve essere studiato in base alle necessità della paziente, con un’esposizione graduale al carico, e in base alle attività maggiormente colpite. Tutto questo in pieno accordo e fiducia tra terapista e paziente.

A cura di:

Eleonora Soldani

  • Fisioterapista
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