Anatomia
Il legamento crociato anteriore da un punto di vista anatomico è costituito da due fasci: il fascio antero- mediale, che risulta maggiormente lungo e voluminoso ed è a stretto contatto con il legamento crociato posteriore (LCP), ed il fascio postero-laterale, di dimensioni minori e che risulta quasi completamente coperto dal fascio antero-mediale. Dal punto di vista funzionale i due fasci hanno un comportamento diverso, il fascio antero-mediale infatti è coinvolto nella stabilità antero-posteriore e controlla la traslazione del femore sulla tibia, il fascio postero laterale invece è meccanicamente interessato nel controllo della stabilità rotazionale. Il legamento crociato anteriore origina dalla zona pre-spinale del tratto tibiale e si dirige in alto e in avanti obliquamente inserendosi sulla fossa intercondilare vicino al condilo laterale del femore.

Oltre il 60% delle lesioni acute del LCA è legata alla pratica sportiva, inoltre, è da considerarsi che nelle lesioni acute del ginocchio che evidenzino una presenza di emartro, il LCA è coinvolto nel 72% dei casi. Gli sport maggiormente a rischio sono il calcio, lo sci, la pallavolo ed il basket. I meccanismi che risultano come frequenza maggiormente associati alla lesione totale o parziale del LCA sono:
• L’extra-rotazione in valgo
• La flessione del ginocchio associata all’intrarotazione
• L’iperestensione associata all’intrarotazione
Recenti studi scientifici hanno evidenziato che, mediamente nel mondo sportivo, solo il 60% degli sportivi operati al legamento crociato anteriore del ginocchio torna a fare attività sportiva agonistica dopo l’operazione. Altri studi scientifici riguardanti i calciatori che hanno partecipato alla UEFA Champions League negli ultimi 15 anni hanno invece dimostrato che più del 90% dei calciatori professionisti torna a giocare in Champions dopo l’operazione al legamento crociato anteriore del ginocchio. La domanda ora è: perché quasi tutti i calciatori che giocano ai massimi livelli tornano a giocare allo stesso livello dopo l’intervento al crociato, mentre solo il 60% dell’intera popolazione sportiva è in grado di tornare a fare l’attività agonistica di prima? La risposta è complessa, molti fattori intervengono nella buona riuscita di un programma di recupero dopo un intervento chirurgico, ma il fattore che oggi sembra essere il più importante è il ritorno allo sport senza aver completato l’intero percorso riabilitativo. Il rischio non è tornare troppo presto, il rischio è tornare prima di aver compiuto tutto il recupero necessario.
Tempi di recupero

Classicamente l’atleta era o è abituato a ritornare all’attività sportiva ad alto impatto a circa 6 mesi contrariamente a quello che la letteratura scientifica mette in luce ad oggi. I tempi di recupero in seguito a ricostruzione del legamento crociato anteriore sono invece più lunghi, alla luce delle attuali prove presenti in letteratura.
Sono infatti necessari 9-12 mesi per ridurre il rischio di re-injury come concordato dagli studi di Grindem et. al., 2016.
Ma il tempo è un parametro sufficiente per decidere il ritorno a giocare?
Certamente no, ma necessario.
Siamo ancora lontani da un accordo su quali possano essere i criteri di ritorno allo sport più appropriati. Ma sappiamo ad oggi che:
- L’85% degli studi presenti in letteratura utilizzano come unico criterio singolare il tempo;
- L’analisi di forza viene utilizzata solo nel 41% degli studi;
- I performance test solo nel 14%.
Per esempio, relativamente all’analisi della forza ci sono ancora molti limiti. Il gold standard è l’isocinetica? Troppo poco.
Un’analisi qualitativa dovrebbe indagare l’intero spettro di forza comprendendo ogni parametro della curva forza-velocità.
Focalizzare quindi la riabilitazione con il solo scopo di ripristinare la forza, perdendo di vista quello che probabilmente serve ad un giocatore, è troppo riduttivo.
La forza è una determinante fondamentale ma è necessario trasferirla in un contesto prestazionale: potenza e forza reattiva, le due caratteristiche necessarie alla performance sportiva.
Gli atleti praticano gesti sportivi con tempi di reazione compresi tra i 90 e 150 ms richiedendo al sistema neuro-motorio grande brillantezza e capacità di reazione allo stimolo tenendo conto che solitamente una lesione legamentosa si aggira in un intervallo di tempo di 50-60 ms.
Detto ciò, abbiamo gli strumenti ed i mezzi per espandere la nostra pianificazione e programmazione riabilitativa nonché valutativa finale per poter almeno cercare di minimizzare il rischio di infortunio che sappiamo tutti essere un enorme black box. Secondo la nostra esperienza è fondamentale sottoporre il nostro atleta a una batteria di test che valutino:
- Valutazione del ROM e della forza
- Test di salto
- Test di campo

Il nostro protocollo riabilitativo
Alla luce di tutti queste analisi non esiste un approccio riabilitativo LCA gold standard ma, una riabilitazione basata su criteri, attraverso la programmazione di fasi e di raggiungimento di obiettivi intermedi. Il processo di recupero funzionale può essere ampiamente suddiviso in 5 fasi tempo e obiettivo dipendente:
- Fase pre-operatoria,
- Fase precoce-iniziale,
- Fase intermedia
- Fase avanzata-finale (RTP).
In tutte queste fasi sono fondamentali l’utilizzo dei più moderni ritrovati della fisioterapia come:
- Utilizzo della idrochinesiterapia

- Utilizzo di macchinari isotonici ed a elastici come vector o flex–estensor

- Utilizzo di terapie fisiche come l’RSQ1 o il game ready


- Utilizzo di focus esterni o stimoli per il motor lerning

La riabilitazione pre-operatoria mira a preparare il soggetto all’intervento, normalizzando il pattern del cammino, la funzionalità del ginocchio, minimizzando il versamento articolare e migliorando il reclutamento qualitativo del quadricipite.
La fase precoce-iniziale è focalizzata sul controllo e riduzione del dolore e del gonfiore, sul recupero di una sufficiente mobilità articolare tale da permettere l’esecuzione di attività di vita quotidiana riducendo i compensi al minimo e un miglioramento della percezione e reclutamento del quadricipite. E’ fondamentale lavorare sulla normalizzazione delle alterazioni che dis-regolano l’output neuro-motorio e questo è possibile farlo con:
- la contrazione eccentrica poichè riduce i meccanismi inibitori e mantiene alta l’eccitabilità del fuso;
- la vibrazione a livello degli hamstrings induce fatigue indotta e sfrutta i meccanismi di inibizione reciproca facilitando il reclutamento del quadricipite;
- TENS;
- strategie neuro-cognitive, come l’utilizzo di un focus attentivo esterno che faciliterebbe l’eccitabilità cortico-spinale, ciò porta a un netto miglioramento della forza in tutti quei soggetti che associavano un training neuro-motorio con un gaming approach che fungeva da bio-feedback enfatizzando divertimento e quindi adesione al trattamento.
I criteri necessari per poter passare alla fase intermedia sono:
- dolore, non superiore a 2/10;
- gonfiore, nessuna di gonfiore allo stroke test;
- estensione completa;
- flessione, almeno 120°;
- reclutamento quadricipite, no leg sign per almeno 10 secondi;
- pattern cammino normalizzato.
Il dolore e il gonfiore sono 2 parametri necessari da normalizzare il più velocemente possibile in quanto considerati barriere al recupero neuro-motorio. L’estensione completa inoltre permette una maggior reclutamento del quadricipite.
Le principali considerazioni per la fase intermedia possono essere raggruppate in 3 categorie:
- forza muscolare;
- qualità di movimento;
- fitness cardio-respiratorio.
La forza muscolare viene stimolata tramite esercizi a catena cinetica chiusa ed aperta per stimolare la forza di estensori e flessori del ginocchio; inoltre si mira a stabilizzare le articolazioni a monte e valle del ginocchio e in particolare il core stability. La priorità chiave della riabilitazione in fase intermedia è il ripristino almeno sub-totale della forza del complesso estensorio del ginocchio. Tale parametro dovrebbe essere non superiore al 20% di differenza entro la fine della fase intermedia, elemento necessario per strutturare l’ultimo stage del processo riabilitativo. Deficit superiori al 20% sono relazionati a scarsa funzionalità dell’intero arto inferiore e rischio di re-injury futuro. È importante pianificare un programma che esponga il soggetto a tutti i tipi di carico e soprattutto che crei una tolleranza incrementale. Un elemento chiave per la progressione degli esercizi è conoscere l’impatto che questi hanno sul neo-legamento.
- gli esercizi in catena cinetica chiusa riducono gli stress sul neo-legamento;
- gli esercizi con maggior flessione di tronco aumentano il reclutamento degli hamstring e quindi la protezione sul neo-legamento;
- gli esercizi non-weight bearing e weight-bearing con un angolo di flessione > 60° producono minimo stress sul legamento;
- il picco di strain sul legamento viene raggiunto tra i 10 e 15 gradi di flessione in catena cinetica aperta;
- una leg extension isometrica a 60° produce 0% di strain mentre a 15° produce 4%.
La progressione tra un esercizio e l’altro o tra un carico e l’altro dovrebbe avvenire solamente quando il soggetto è in grado di gestire il compito senza dolore e senza reazioni edemigene indotte nelle successive ore post training. Questo perché, come ribadito in precedenza, gonfiore e dolore sono 2 limitatori che ridurrebbero l’output motorio. L’obiettivo riabilitativo è dunque creare una progressione di movimento e di carico tollerabile per il soggetto.
E’ fondamentale creare una programma che comprenda esercizi chiave all’interno del processo riabilitativo:
- bilateral squat;
- goblet squat;
- split squat;
- lunge;
- step down;
- single leg squat.
Ognuno di questi esercizi può essere arricchito da variabili e determinanti dell’esercizio sulla base del ragionamento clinico e della risposta adattativa o meno del soggetto:
La forza però non è l’unico parametro, è solo la punta dell’iceberg. La corsa è un’attività che presenta dei tempo di contatto al suolo di durata molto breve a dipendenza della velocità. Questo in termini pratici significa che, oltre alla forza, un interessante parametro da prendere in considerazione è la rate force of development (RFD) considerata come la capacità di gestire un carico o il proprio peso corporeo nel minor tempo possibile. Due atleti potrebbero raggiungere la stessa altezza durante un salto ma l’atleta A potrebbe raggiungerla in un intervallo di tempo minore. Ecco come oltre lo strength training anche il power training è decisamente importante.
L’ultima fase riabilitativa è quella definita avanzata laddove gli obiettivi sono quelli di tradurre in termini sport-specifici le abilità e capacità create in un ambiente closed skill.
Qui il lavoro di strength training, power training, agility, speed training dovrà essere mantenuto in parallelismo a compiti sport specifici ricreando situazioni di gioco il più realistiche possibile sotto ogni punto di vista: situazionale, motivazionale, di fatica, distrattivo.
L’obiettivo dell’ultima fase è rendere il soggetto pronto a stimoli variabili e distrattivi in contesti di gioco caotici e complessi in modo da mettere in grande difficoltà e in situazione di problem solving il sistema nervoso centrale. In ultimo non dimentichiamo di analizzare la sfera emotiva-affettiva e comportamentale del soggetto ricordando che elementi come la paura potrebbero giocare un ruolo cardine nel re-injury.
Il ritorno
allo sport o alla performance
La chirurgia ricostruttiva del Legamento Crociato Anteriore (LCA) è un trattamento comune per gli atleti dopo una lesione del LCA. L’incidenza di queste lesioni da non contatto/contrasto sembra essere maggiore tra gli atleti di 15 e 40 anni di età che partecipano a sport come calcio, pallamano e basket. Rimane giusto sottolineare come ogni anno circa il 3% degli atleti dilettanti incorre in una lesione capsulo – legamentosa del ginocchio; per gli atleti d’élite, questa percentuale arriva intorno al 15%. Ricerche recenti mostrano su una meta-analisi di 67 studi (7556 pazienti) come il 65% ritorna ai livelli di performance pre – lesione mentre il 55% ritorna allo sport competitivo, meno del 50% tra i 2 e 7 anni dalla chirurgia era ritornato ai livelli di performance pre –infortunio. La metà di questi atleti segnala come l’infortunio sia il motivo principale per un non ritorno al livello di performance precedente all’infortunio. Il ritorno allo sport dopo ricostruzione del legamento crociato anteriore, rimane un “decision-making” che coinvolge molti professionisti. Un dibattito decisionale clinico/riabilitativo che rimane ancora oggi difficile e non strutturato su valutazioni condivise ed omogenee anzi questo processo rimane spesso basato su dati e criteri soggettivi mancando di oggettività e standardizzazione.
Sfortunatamente, il fallimento dell’innesto o la rottura controlaterale del legamento crociato anteriore possono ancora verificarsi con una certa frequenza anche dopo un ritorno alla piena attività agonistica. I tassi di fallimento dell’innesto dopo la chirurgia ricostruttiva vanno dal 3% al 25%. Il Ritorno allo Sport dopo una lesione del Legamento Crociato Anteriore (LCA) è un processo complesso rigoroso ed oggettivo. L’obiettivo post chirurgico rimane la costante ricerca del perfetto equilibrio tra processo di guarigione, sviluppo delle qualità espressive biomeccaniche/motorie e il raggiungimento ottimale della performance. Questo processo, richiede una cooperazione interprofessionale per garantire il successo.
L’atleta, la prima cosa che chiede, subito dopo l’infortunio è:
“Quando posso tornare a giocare?”
La risposta a questa domanda non è mai semplice ed è influenzata da molteplici fattori ed è di difficile risoluzione poiché è influenzato da diverse variabili; a livello scientifico possiamo trovare diversi studi che vengono riassunti in questo schema:
Riabilitazione pre – operatoria
- Un deficit dell’estensione del ginocchio nella fase pre operatoria (mancanza di estensione completa) è un importante fattore di rischio per un deficit di estensione post chirurgia ricostruttiva con un conseguenziale ritardo nel processo riabilitativo.
- Un deficit pre – chirurgico della forza del quadricipite > 20% ha una conseguenza negativa molto significativa per risultati a 2 anni dopo la ricostruzione .
- Una prehabilitation garantisce una migliore funzionalità del ginocchio fino a 2 anni dopo la ricostruzione.
Riabilitazione post – operatoria
- Gli esercizi isometrici del quadricipite possono essere catalogati come “sicuri” nella prima settimana post – operatoria quando questi non provocano dolore all’articolazione del ginocchio.
- L’allenamento in catena cinetica chiusa o in catena cinetica aperta può essere utilizzato per il recupero della forza del quadricipite e dell’intera catena cinetica dell’arto inferiore.
- Gli esercizi in catena cinetica chiusa possono essere eseguiti dalla seconda settimana dopo l’intervento.
- Gli esercizi in catena cinetica aperta possono essere eseguiti dalla 4a settimana post operatoria in un ROM di 90° – 45 ° Iniziare l’allenamento eccentrico del quadricipite (in catena cinetica chiusa)solo dopo 3 settimane dalla ricostruzione. Esso è sicuro e contribuisce ad un miglioramento della forza del quadricipite rispetto al training concentrico .
- La riabilitazione deve protrarsi almeno per 9 – 12 mesi. Valutazioni ulteriori devono essere fatte a seconda degli obiettivi finali del ritorno al lavoro o al tipo di sport (amatoriale dilettantistico, professionistico) del paziente.
- L’elettrostimolazione, in combinazione con la riabilitazione convenzionale, risulta essere più efficace per migliorare la forza muscolare fino a 2 mesi dopo la chirurgia ricostruttiva, rispetto alla riabilitazione convenzionale da sola.
- Nelle ricostruzioni con Tendine Rotuleo gli esercizi in catena cinetica aperta possono essere inseriti dalla 4a settimana dopo l’intervento in un ROM di 90-45 ° Nelle ricostruzioni con Semitendinoso e Gracile duplicati gli esercizi in catena cinetica aperta possono essere avviati dalla 4 settimane dopo l’intervento in una ROM limitato di 90- 45 ° Il ROM può essere aumentato a 90-30 ° nella 5 settimana, a 90-20 ° nella 6 settimana a 90-10 ° nella 7 settimana e un ROM completa di lavoro dalla 8 settimana per entrambi i tipi di innesto.
Queste conoscenze mettono in evidenza come le variabili qui espresse possono rendere differenti i risultati a seconda di come viene approcciata la riabilitazione del soggetto operato di LCA.
A cura di:
- Andrea Biagini: fisioterapista